28 maggio 2010

Quattro milioni di congelati? E cosa volete che sia…



Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare.


Bertolt Brecht

Mi ha fatto enormemente piacere aver appreso che, io ed altri 4 milioni d’italiani dipendenti pubblici, siamo stati “congelati” per quattro anni, ossia non percepiremo “un euro in più” (parola di Tremonti) fino al 2013: con l’approssimarsi dell’Estate, un po’ di fresco ci voleva.
Il capataz di Arcore non mette le mani nelle tasche degli italiani – lui no, non lo fa – semplicemente, li congela. Oppure li rapina direttamente negli androni delle case.
Cogliamo l’occasione, quindi, per informarlo sulle decisioni che abbiamo preso nell’ultima riunione condominiale.

Nella famiglia di Martina, collaboratrice scolastica a 1200 euro il mese, marito cassintegrato a 700 euro più la pensione sociale della nonna (300 euro) e due figli, hanno deciso di congelare la nonna. L’assemblea ha approvato il piano di congelamento, raccomandando però che il congelatore sia di classe A+: abbiamo salutato tutti la simpatica nonnina Adele e speriamo di ritrovarla nel 2014 sana ed arzilla come sempre, anche perché contiamo d’assaggiare ancora il suo insuperabile pesto alla genovese.
La situazione era invece più difficile da risolvere per Mario, impiegato al Catasto, con moglie CoCoCo a 400 euro in una cooperativa e tre figli. Eh sì, tutti sanno che Mario e la moglie sono molto innamorati e…ci è scappato pure il terzo figlio. Che fare?
Dopo lunga riflessione, l’assemblea ha consigliato di congelare Giada, la più piccola, per le seguenti ragioni:

1) sarebbe sbagliato congelare Monica, la maggiore, perché frequente la terza Ragioneria ed è quindi “fuori” dalla cosiddetta riforma Gelmini: se nella sciagura si può evitare una disgrazia, è meglio farlo.
2) per la stessa ragione sarebbe inutile congelare Walter di 12 anni – detto “Bartali”, perché corre tutto il giorno sulla vecchia bici del nonno, una numero 28 un po’ troppo grande per lui, ma quello passava il convento – giacché la “sfiga Gelmini” già ce l’ha, e dunque sarebbe del tutto inutile.
3) c’è sempre la speranza che un futuro governo di salute pubblica, di larghe intese, di stretta osservanza, di manica larga o di poca sapienza richiami la Russo Jervolino (!) per stendere una riforma della controriforma Gelmini. Mai dire mai, perché l’Italia è il Paese dei Miracoli: mandano persino la tessera n. 1816 della P2 a governare la nazione!

Inoltre, allo scongelamento di Giada – che oggi ha cinque anni – Monica ne avrà 21 e quindi potrà occuparsene qualora – per imperscrutabili disegni del destino italiota – fosse necessario congelare anche la mamma.
L’assemblea ha approvato la richiesta di Giada di portare con sé un telefonino: è stato reperito un vecchio Nokia da Stefano, imbianchino ad ore del terzo piano. Le batterie sono andate, ma per la mezzora del congelamento terranno.

Meno drammatica la situazione di Giuliano, vigile urbano, perché la moglie guadagna bene facendo i lavori ad ore – a dire il vero, ci furono delle malelingue le quali “ricamarono” qualcosa di più torbido su quelle “ore”…la signora è una gran bella donna…ma non è questa la sede per soddisfare la pruderie dei lettori… – perciò hanno deciso un semplice “taglio” di tutte le paghette dei figli superiori ai 220 centesimi. In questo modo, si spera di risparmiare almeno dieci paghette il mese.

Infine, sono state sanate situazioni minori: saranno congelati due cani, quattro gatti, tre canarini, un cardellino ed otto criceti. Qualcuno, vista la contemporanea presenza di gatti e criceti, ha pensato bene di raccontare la famosa storiella del lupo, della capra e dei cavoli…quella che devono attraversare il fiume con una sola barca…ma l’assemblea ha tagliato corto, sentenziando congelamenti separati. Un po’ di federalismo, per Dio!
Se le future condizioni economiche lo consentiranno, si provvederà all’acquisto di un grande congelatore condominiale, ma solo se il fondo perequativo previsto all’art. 119 del Regolamento Condominiale lo consentirà.

Stavamo per firmare il verbale ed andarcene, quando il rag. Venanzio del quinto piano – non interessato al congelamento, giacché bancario – ha richiamato la nostra attenzione. Ma – ha esordito – vi siete accorti che i conti non tornano?
Visto il nostro stupore – eravamo tutti convinti che quei sacrifici fossero necessari per salvare la Patria…la Grecia, gli investimenti, le agenzie di rating, l’America, la Germania…e dunque li accettavamo di buon grado. Che volete che sia, in un palazzo, avere tre o quattro persone congelate? Abbiamo quindi domandato lumi al nostro maghetto contabile.
In effetti, qualche sorpresa c’è, ed abbiamo ritenuto di farvi cosa gradita nel comunicarvela. Ascoltate il rag. Venanzio.

Proviamo a capire per quanto “parteciperanno” alla manovra di Berlusconi e Tremonti i dipendenti pubblici: per carità, solo “congelati”, mica stramazzati.
Gli stipendi saranno “congelati” per quattro anni, dal 2010 al 2014: l’inflazione sarà anch’essa “congelata”? Non ci sembra: d’altro canto, più volte abbiamo sostenuto che Berlusconi è soltanto il figlioccio di Craxi, e l’aggiornamento dei salari all’inflazione (la cosiddetta “scala mobile”) fu eliminata proprio da Craxi.
Sicché, stando ai dati ufficiali sull’inflazione (quella reale è altra cosa) potremo aspettarci una perdita di valore reale del 2%: l’economia continuerà a “tenere a freno” l’inflazione più a meno su questo valore, i dipendenti pubblici il “freno” lo metteranno alla cinghia dei pantaloni.

Saranno felici i lavoratori autonomi (uh! E’ toccato ancora a loro! Berlusconi sì che ci difende!) ma sarà una soddisfazione da poco: falliranno a migliaia, perché una simile contrazione dei consumi li taglierà nella carne, non nella pelle.
Se n’è accorta persino la presidentessa di Confindustria Marcegaglia, la quale ha invocato provvedimenti “di crescita”: strano connubio, quello che aleggia nelle sale degli industriali, nel desiderare rigore sui conti, provvedimenti di crescita e un po’ di francescanesimo per i politici.
Forse, la buona Emma dovrebbe farsi raccontare la storiella della botte piena e della serva ubriaca, oppure dovrebbe meditare che è il sistema ad essere alla frutta: i palliativi sono come la morfina per un organismo che non reagisce più.
Quindi, per 4 milioni di dipendenti pubblici, risparmio all’osso su tutto e addio a spese varie, vestiti, scarpe, turismo, auto, motorini…ecc: ce ne accorgeremo tutti insieme fra un paio d’anni, quando “l’economia reale” inizierà ad andare a fondo per tutti.
Ma, quanto pagheranno i pubblici dipendenti? Perché siamo così pessimisti?

Calcolando uno stipendio lordo di 2.000 euro il mese (corrispondente, all’incirca, a 1.500 euro netti), la “suzione” sarà del 2% annuo per quattro anni.
Su un totale annuo (13 mensilità) di 26.000 euro, ogni lavoratore perderà 520 euro il primo anno, 1040 il secondo, 1560 il terzo e 2080 il quarto. Addio vacanze, pizzeria, cure mediche, studi per i figli…e tante altre cose.
Senza contare che, chi andrà in pensione dopo la “vacanza contrattuale e previdenziale”, lo farà con gli ultimi anni a stipendio svalutato e con la liquidazione rateizzata. In tre rate, ma quando l’ultima rata? Vista la pessima abitudine di Tremonti di pescare nel fondo TFR dell’INPS, la cosa insospettisce.
Di più: nella stessa legge Finanziaria – nonostante i richiami del Presidente della Repubblica di non affastellare nella medesima legge provvedimenti di varia natura – hanno deciso d’azzerare il Consiglio d’Amministrazione dell’INPS. Resteranno soltanto il Presidente e il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza: i dipendenti privati sono avvertiti di quel che sta per succedere.
Nei quattro anni in oggetto, quindi, il dipendente pubblico medio consegnerà alla classe politica, nella persona del Presidente Berlusconi, 5.200 euro, quasi il prezzo di un’utilitaria! Alla faccia di chi non mette le mani nelle tasche degli italiani! Questo è un furto d’auto bello e buono! E lui lo chiama “stare fermi un giro”: ma cosa crede, che i lavoratori pratichino il gioco dell’Oca?

Quanti sono i pubblici dipendenti?
Una cifra indicativa di 4 milioni è quella più vicina alla realtà, e coerente con le amministrazioni pubbliche del resto d’Europa, i calcoli sono in nota[1].
Il primo anno, dunque, i “risparmi” saranno di 2,080 miliardi di euro, il secondo di 4,160 miliardi, il terzo 6,240 miliardi ed il quarto 8,320 miliardi. Totale: 20,800 miliardi di euro. In buona sostanza, i pubblici dipendenti pagheranno quasi da soli l’entità della manovra economica stimata in 24 miliardi di euro.
E, questo, con buona pace della necessaria “equità” richiesta dal Presidente della Repubblica, degli “approfondimenti” che l’UDC valuterà, dei “dubbi” di Fini e dello sterile chiacchiericcio del PD e dell’IDV. Pagheranno in egual modo, ovviamente, i pubblici dipendenti “cornuti” della Lega, quelli “responsabili” del PdL, siano essi “berluscones” di Forza Italia o ex-missini di Gianfranco Fini. Complimenti: tornate a votarli.
Infine, i sindacati faranno una bella messa cantata per celebrare la loro contrarietà – durante la quale CISL, UIL ed UGL faranno finta di cantare, aprendo solo la bocca a comando (d’altronde, è l’unica cosa che sanno oramai fare) – mentre la CGIL emetterà qualche suono in più, presto dimenticato.

Alcuni dipendenti pubblici saranno graziati – ossia i corpi di polizia (minuscolo), perché il lavoro sporco richiede qualche soldo in più (Cucchi, Uva, Aldrovandi, Sandri, Genova, ecc) – ma lo faranno successivamente ed in silenzio, senza troppo clamore.
Nel programma del PdL c’era l’abolizione delle Province: promessa mantenuta! Ma solo per quelle non di confine (per accontentare la Lega) e con meno di 220.000 abitanti: Asti, governata dal centro destra, ne ha 221.000 e si salverà. Che lungimiranza o casuale coincidenza, la quale salverà la “fedelissima” berluscones Armosino!
In sostanza, saranno “forse” abolite sei province: ma, qualcuno di voi ci crede? Oppure saranno successivamente mantenute in stand-by da una serie di norme transitorie? Non le avessimo mai viste queste cose!
Per inciso, l’abolizione di tutte Province (solo per i politici, s’intende, non per i dipendenti!) avrebbe condotto a risparmi per 8 miliardi di euro.

Dopo il resoconto del rag. Venanzio, siamo andati a scartabellare i dati raccolti da un noto quotidiano bolscevico – Il Sole 24 Ore[2] – il quale aveva promosso una consultazione fra i suoi lettori su quali voci della spesa tagliare: il lettore medio del quotidiano di Confindustria – stella rossa sul berretto e Kalashnikov dietro la porta, ovviamente – consigliava l’abolizione delle Province, il ritiro dalle missioni “di pace” all’estero e l’abolizione delle auto blu.
Quale saggezza! Un simile “pacchetto” avrebbe condotto direttamente a risparmi nell’ordine dei 30 miliardi l’anno!

A quel punto, Venanzio decise di ribattere, affermando che non avevamo capito niente, che quelle misure c’erano, eccome!
Sinceramente, eravamo tutti basiti.

Previsto inoltre un taglio dell'80% alle spese della pubblica amministrazione per studi e consulenze, relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, sponsorizzazioni e auto-blu.”

Ora, se le sole auto blu comportano un aggravio di spesa di 18 miliardi l’anno[3], tagliarne l’80% significherebbe – solo per le auto! – risparmiare 14,4 miliardi l’anno! Che bisogno ci sarebbe di fare tutti gli altri prelievi?
E non basta[4]:

Dieci miliardi di tagli per gli Enti Locali, quattro preventivati dal condono edilizio…aumenti dei pedaggi autostradali – anche nei raccordi – fino al 25%! Poi c’è lo “spezzatino” di misure minori – quella del prelievo sui parlamentari è risibile, perché è del 5% per la sola parte eccedente gli 80.000 euro l’anno, ma lo stipendio dei parlamentari non è così alto, i veri soldi che acchiappano sono le indennità, i rimborsi, i benefit – perciò facciamo finta che queste cose le abbiano soltanto dette, ma non le faranno per davvero.

Quelle che invece faranno sicuramente rispettare sono le nuove norme per gli invalidi, ossia il passaggio dal 74% all’80% d’invalidità per avere la pensione. Ma, ci domandiamo, o un invalido è un falso invalido – ed allora non ha proprio diritto – ma se è “solo” invalido al 74%, non ha diritto a niente?
A quel punto, il rag. Venanzio ci ha chiesto d’avvicinarci e, bisbigliando, ci ha confessato d’aver saputo che Romeo, l’invalido del piano rialzato, al quale fu amputata una gamba sotto il ginocchio, sta pensando di farsi levare anche il ginocchio per arrivare all’85%, così – qualora dovessero inasprire ancora i termini – avrebbe ancora un “bonus” del 5%. La decisione di Romeo ci è sembrata saggia: già che uno c’è, non bisogna pensare solo alle disgrazie dei governi attuali, ma anche a quelle dei governi futuri!

Sia come sia, lo scenario dipinto dal nostro valido ragioniere va ben oltre quei “24 miliardi in due anni” che il ministro Tremonti aveva all’inizio ipotizzato. Perché, allora, inasprire così le richieste?
Ancora una volta, il nostro strabiliante contabile ci è venuto in soccorso.
«Forse, perché quei soldi servono al altro.» Frase sibillina. Abbiamo immediatamente chiesto lumi.

Non tutti quei risparmi saranno effettivi – soprattutto quelli che riguardano i parlamentari e le Province – ma tanti altri lo saranno e supereranno – di molto! – quei fantomatici “24 miliardi” che nessuno, a dire il vero, ha compreso perché dobbiamo tirare fuori. Un mese fa non andava tutto bene? A detta di Tremonti, non eravamo messi meglio degli USA ed alla pari con la Germania[5]?

Ma, allora, a cosa serve quella montagna di soldi? E’ la domanda che scaturì dai nostri occhi.

A trovare fondi per il famoso fondo perequativo previsto dall’art. 119 della Costituzione, per attuare il federalismo fiscale! Non l’avevate capito? Nemmeno i quotidiani ci sono arrivati! Tutti a star dietro alle presunte “beghe” nel PdL! Il solito teatrino.
Se le regioni del Nord non vogliono più pagare le tasse (a dire il vero, anche là le pagano solo i soliti noti), bisognerà provvedere affinché le regioni del Sud non vadano proprio a fondo, altrimenti tutto è inutile!
Allora, si fa un bel prelievo dai pubblici dipendenti per darlo a Bossi che sarà contento: adesso, che ha anche il figlio consigliere regionale, con il federalismo fiscale e le mani sulle banche lui e Tremonti sono felici come fringuelli!
Pazienza per i dipendenti pubblici della Lega: pare che sia allo studio la fornitura gratuita di CPDP, ovvero delle specialissime Corna del Dipendente Pubblico Padano. Lega in Titanio e vernice verde fosforescente: così nessuno potrà mai dire che sono dei cornuti qualunque.

Adesso, ci dovete scusare, ma dobbiamo riportare anche l’intervento della signora Concetta: abbiate pazienza, ma si tratta di una signora meridionale molto sanguigna, dai toni popolani, senza peli sulla lingua. So che capirete.

Ma quale congelamento – ha esordito la signora Concetta, casalinga con marito spazzino e muratore ad ore (fa un sugo all’amatriciana che è il paradiso in terra) – questa è ‘na rapina bella e buona! ‘Stu fetentone ‘e Berlusconi…quello s’acchiappa tutto per fare ‘stu divorzio milionario, e poi lo viene a prendere dallo stipendio del marito mio! Ma chill’ è peggio delli guaglioni che s’arrubbano l’elemosine…

Scusate, ma il resto dell’intervento non era proprio pubblicabile: abbiamo compiuto questo sforzo di democrazia nel pubblicarlo, ben sapendo che presto non lo avremmo più potuto fare. Iniziamo a sperimentare dei mini-bavagli condominiali.

Il rag. Venanzio, però – quale saggezza contengono quei sessanta chili di pelle ed ossa! – ha voluto rispondere con gentilezza alla signora anche se – solo per il tono, assolutamente disdicevole – siamo certi che dei veri gentiluomini come Ignazio La Russa o Renato Brunetta l’avrebbero mandata sicuramente al confino. Magari nella sua amatissima Ventotene.
E, le parole del ragioniere, ci schiusero altre porte.

Venanzio, prima d’iniziare, assunse un’aria grave, da cospiratore ottocentesco. Si notava ch’era nervoso: continuava a ripulire le lenti degli occhiali con il fazzoletto, tormentava la penna, come se avesse un segreto inconfessabile da comunicarci. Poi, varcò il Rubicone.

«Come presumo saprete, mio cognato Alfonso, quello che abita al caseggiato 2B, fa l’usciere a Palazzo Chigi.»
Ci fu un silenzioso assenso da parte dei presenti, ma Venanzio non attese consensi non richiesti e continuò.

«E’ giunto a quel posto dopo anni di sacrifici: scaricava i camion a Segrate, non vi dico per chi…lo avrete già capito…poi ha fatto tutta la trafila. I Circoli della Libertà, del Buon Governo, il Promotore della Libertà…altro, adesso non ricordo…ed era presente a palazzo Chigi la sera del Consiglio dei Ministri. Sì, proprio la sera della manovra, proprio di servizio alla porta della sala.»

Noi, che comprendevamo il suo imbarazzo, non osammo interromperlo.

«Ed ha ascoltato quel che ha detto Berlusconi. Ve lo racconterò – battute e lamentele da osteria a parte – solo per spiegare alla signora Concetta perché devono giungere a rapinare lo stipendio del marito spazzino.»

Venanzio riportò che, da quello che il cognato era riuscito ad ascoltare, non c’erano grandi perplessità: qualcuno lamentava che il suo ministero sarebbe andato “in sofferenza” per i tagli…ma Berlusconi rassicurava: «Tranquillo, togliamo con la destra e ridiamo dieci volte con la sinistra!»
Poi, qualcuno mostrò preoccupazione per il salasso sui pubblici dipendenti: e i voti?

A quel punto, Berlusconi si mise a ridere. Non crederete mica che non ci avessimo pensato?
I voti si prendono a tranche, e quella dei dipendenti pubblici era – secondo gli approfonditi studi sociologici che abbiamo commissionato – quella sulla quale facevamo meno breccia. Perciò, se si deve dissanguare qualcuno, per primi tocca a loro!
Non tutti, però: sono dipendenti pubblici anche le forze di polizia ma quelle – con il solito emendamento – le salveremo. Magistrati ed insegnanti sono il peggio, per noi, però qualche modesta “quinta colonna” la teniamo anche là: pensate ai prof di Religione, con tutto quel che abbiamo loro concesso! E, con quei provvedimenti, ci siamo anche riavvicinati al Vaticano!
Poi, per fare numero, si vanno a cercare le associazioni: riforme a costo zero! Pensate ai cacciatori. Concedendo loro di sparare anche ai canarini in gabbia, abbiamo legato 700.000 cacciatori al nostro carro!
Ora, immaginate una situazione assurda.

Un pubblico dipendente si vede impallinare il canarino che ha sul balcone e protesta. Con chi?
Se protesta con il cacciatore è dei nostri, con i carabinieri uguale – altrimenti, col cavolo che li esentiamo dal congelamento degli stipendi! – se va dal prete è dalla nostra anche lui, non sia mai che i comunisti gli requisiscano la chiesa. Se va da un sindaco nostro non combinerà nulla, mentre se è dell’altra parte non potrà far niente.
Se pensa di rivolgersi alla Magistratura, si dovrà mangiare la casa per pagare gli avvocati…cosa potrà fare? Nulla, ed il cacciatore continuerà a votarci. Così si governa!

Dobbiamo tenerci cari quelli che stanno sicuramente con noi, quelli che hanno già attuato la rivoluzione fiscale non pagando più le tasse…e poi preti, suore e religiosi, Vaticano, commercianti, cementieri, puttane (con tutto il lavoro che diamo loro…), i sindacati li abbiamo comprati…e gli altri…che vadano a farsi fottere! L’importante è farli pagare, e nessuno è in una condizione peggiore dei dipendenti pubblici!

L’unica cosa, della quale dovremo stare attenti, è la comunicazione: non dovremo mai parlare di sacrifici, bensì di “razionalizzazione della spesa”, mai di “tagli” bensì di “ottimizzazione”…le parole d’ordine dovranno essere “modernità”, “futuro”, “ricchezza”…poi, potremo continuare a spolparli come dei gonzi, anche quelli che ci votano!
E’ quindi molto importante chiudere la bocca a tutti i disfattisti, soprattutto a quella gente di Internet: con i giornali ci metteremo d’accordo…in fin dei conti siamo nella stessa barca…mentre quelli sono battitori liberi, sono pericolosi…

Ah, Gianni, chiamami quel, quel…quello dell’UDC, quello che ha presentato la legge del bavaglio…
D’Alia.
Sì, quello: bisogna affrettare i tempi e concludere il lavoro, prima che qualcuno s’accorga della presa per il sedere: voglio quella legge contro Internet, capito? E in fretta!

Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.




25 maggio 2010

Ragazzi, così non va

“L’età della pietra non terminò certo per l’esaurimento delle pietre, così l’era del petrolio potrebbe terminare prima dell’esaurimento dei giacimenti.”
Ahmed Zaki Yamani

Le nuvole, che corrono veloci nel cielo, raccontano una sola canzone: stai attento, Uomo, perché è giunto il tempo dell’espiazione. Con la guerra economica non dichiarata fra USA ed UE, ed una cosiddetta “Unione” Europea che claudica appena sente odore di banche, con un’opposizione che non è più nemmeno in grado di blaterare ma solo di bisbigliare, bisogna iniziare a considerare cosa accadrà all’indomani del peggio. E prepararsi.
Per questa ragione è meglio iniziare a meditare sul da farsi piuttosto che spiegare i mille perché di questa cloaca della politica, dove ognuno di noi sarebbe in grado di fare il Ministro dell’Economia, poiché basta colpire i poveri per arricchire i ricchi ed il gioco è fatto: più difficile sarebbe fare il Ministro delle Pari Opportunità, perché per farlo è necessario essere femmina.

Perciò, piuttosto che correre dietro alle mille sfaccettature del potere parafascista che oramai c’avvolge - e c’interessano assai poco le disquisizioni sul termine – abbiamo più a cuore il futuro.
Il nostro futuro gira attorno ad un grande problema che si chiama energia, perché questa è la campana a morto che presto aggiungerà nuovi drammi al nostro vivere di rimozioni: Pasolini c’era già arrivato negli anni ’70, e forse la pelle ce la lasciò proprio perché era giunto al nocciolo dei problemi.
Poiché, signori miei, chi controlla l’energia controllerà le vostre vite, che vi piaccia o no, ed il potere – apparentemente sfaccettato – non corre rischi nominando sempre persone di provata fiducia a quelle discrete poltrone, si pensi a Scaroni od a Chicco Testa.
Fra il gran calderone dei cosiddetti oppositori “propositivi”, siamo andati a ripescare il programma elettorale del MoVimento a 5 Stelle, che potrete scaricare dal collegamento in nota[1].

Già m’aveva convinto poco quando lo lessi ma ora, visto che i rappresentanti di Grillo sono entrati ufficialmente nelle istituzioni – ossia parleranno e proporranno per conto dei loro elettori – vale la pena d’approfondire un po’ quanto raccontano, soprattutto per uno dei temi più cari al Beppe nazionale, proprio l’energia.
Tutti ricordiamo le “storiche” performance di Grillo sull’energia: la lotta contro il nucleare, l’auto ad idrogeno con Beppino che beveva l’acqua di scarico…insomma, m’aspettavo di trovare fuoco e faville. Invece.
Metà del documento è dedicato alla certificazione energetica, ossia al risparmio d’energia sul riscaldamento invernale: giustissimo, poi leggo una frase che poco m’attizza.

Agevolazioni sulle anticipazioni bancarie e semplificazioni normative per i contratti di ristrutturazioni energetiche col metodo esco (energy service company), ovvero effettuate a spese di chi le realizza e ripagate dal risparmio economico che se ne ricava.

Visti i gran risparmi che s’otterrebbero con la riforma istituzionale proposta nel relativo capitolo, m’immaginavo almeno una quota di finanziamento a fondo perduto. Al minimo: invece, vai a bussare alla porta delle banche, oppure rivolgiti ad una società specializzata nel settore.
La bella trovata si chiama “esco”[2], ovvero una società che s’occuperà della ristrutturazione per vostro conto, la quale anticiperà i capitali necessari, eseguirà le opere necessarie e, infine, avrà il suo utile appropriandosi di “una parte” dei risparmi ottenuti.
Ora, se ho ben compreso come funziona il capitalismo, non credo che esista qualcuno che lavora gratis: la “esco” – oltre a pagare materiali e personale per gli interventi, progettazione, permessi, ecc – vorrà avere un utile? Oppure, le “esco” sono figlie delle Dame di San Vincenzo?
Già immagino quale sarà la ripartizione dei “risparmi”: ci riuscite anche da soli? Passiamo oltre.

Dopo 8-12 anni, diverrete proprietari delle ristrutturazioni eseguite e godrete – finalmente! – i frutti dei vostri risparmi e di tanto sbattimento. Ma, dopo un decennio, cambieranno le tecnologie, l’UE stabilirà nuovi “traguardi” da raggiungere nel risparmio energetico e voi…dovrete semplicemente sottoscrivere un nuovo contratto con la “esco”! Ad libitum: capito mi hai? Ricorda tanto la famosa firma degli “esperti”, i quali sono gli unici ad essere autorizzati a fare le cose che potreste tranquillamente fare da soli.
Il movimento di Grillo s’è sempre vantato d’essere il movimento “della Rete”: ebbene, cari ragazzi – so che i programmi non li scrive lui – forse sarebbe l’ora d’uscire a prendere una boccata d’aria fresca, per osservare com’è fatta l’Italia. Che non è una JPG, è una realtà eterogenea per certi versi, ma omogenea per altri. Spieghiamo.

Il MoVimento a 5 Stelle (da qui in avanti, per comodità, MV5S) ha preso a paragone la situazione tedesca e quella della provincia di Bolzano, dimenticando che le leggi tedesche sulle riqualificazioni energetiche possono dare frutti tangibili in Germania, ed in Italia solo nelle Regioni a statuto speciale.
Perché solo in Germania?
Perché la Germania, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu praticamente rasa al suolo, al punto che dopo la guerra – a Colonia, con il 4% delle abitazioni “solo” danneggiate (il restante 96% distrutte)[3] – ci fu chi propose di ricostruire Köln da un’altra parte.
Questo per dire che le abitazioni tedesche hanno quasi tutte meno di mezzo secolo: anche le gloriose cattedrali che avrete visitato, sono in larga parte ricostruite. Ciò significa che gli interventi possono avvenire su un sistema abitativo relativamente recente.
La Provincia di Bolzano – senza nulla togliere alla bravura dei suoi amministratori – è quella più baciata dalla fortuna dell’Italico Stivale: deve tutto ciò alle straordinarie agevolazioni fiscali che ricevette in cambio della pace, ossia per gli accordi che misero fine alla guerriglia degli Schützen nel dopoguerra[4].
Senza farla lunga, non comprendiamo come si possano perseguire come modelli situazioni così diverse.
Qual è la situazione italiana?

Storicamente, l’Italia è la culla dell’ordinamento comunale: nessun Paese europeo giunse così presto all’organizzazione territoriale in liberi comuni. Ergo, lo Stivale – e di conseguenza il suo patrimonio abitativo – è molto antico.
Soprattutto nella dorsale appenninica, è un fiorire d’antichi borghi dove le nuove costruzioni, spesso, non superano il numero di quelle antiche. E i centri storici delle medie cittadine? Delle metropoli?
Fuori dalle JPG del Web, qualcuno sa cosa significa ristrutturare un’abitazione del ‘400? Io sì, perché l’ho fatto.
Ho tenuto il conto: 232 carriole di macerie e circa 300 di cemento. 350 metri di guaine elettriche, 200 metri di tubi per l’impianto di riscaldamento, ecc.
Seguendo la logica del MV5S, adesso dovrei interpellare una “esco” per rifare tutti gli infissi, intonacare l’esterno ed inserire i pannelli isolanti nelle solette e nel sottotetto. Il risparmio energetico che posso ipotizzare non supererebbe i 500 euro (a largheggiare, sarebbe il 40% del totale…) l’anno: quale “esco” s’impegnerebbe in una simile opera – siamo intorno ai 30.000 euro di lavori – in un decennio?
Se esiste un simile benefattore, si faccia avanti e firmerò domani stesso il contratto, impegnandomi a rendere pubblico l’accordo ed a rimangiarmi tutto quel che ho scritto, carta compresa, ed a pubblicare su Youtube il filmato nel quale mangio mezza risma di carta.

Devo confessare che questa gente non m’ha solo fatto incavolare: m’ha fatto imbestialire. Perché?
Poiché io sono un privilegiato, con stipendio “old style”: vogliamo parlare di questa bella pensata ad un lavoratore “atipico” (ossia, oggi, “normale”), magari una coppia con un figlio che mette insieme duemila euro e paga l’affitto od un mutuo?
Sapete come fa questa gente? Ve lo racconto io, perché non mi nutro di solo Web: ogni Estate – durante le ferie – si rimboccano le maniche e sistemano un pezzo di casa, come fecero decenni prima i loro genitori.

La soluzione equa non sono le belle pensate che tanto sanno d’alchimia finanziaria (non a caso, le “esco” sono un prodotto statunitense): si chiama re-distribuzione del gettito GESCAL, ossia dei soldi che paghiamo tutti in busta paga.
Per anni ci hanno raccontato che le case popolari se le prendono i “negher”, così la Lega ci ha imbastito la sua brava campagna d’odio, alla quale i beceri italioti hanno abboccato come triglie nella Luna d’Agosto.
Andate a vedere chi abita nelle case popolari.
Sopra tutti, le Forze dell’Ordine. Un milione di persone delegate alla nostra “sicurezza” – grazie per Aldrovandi, Uva, Cucchi, ecc – sono sempre i primi, in testa alla lista. Altro che i “negher”.
Poi, ci sono gli “amici degli amici”: negli anni ’80, a Savona – lo so perché ci abitavo e sfido chiunque a negarlo – per avere una casa popolare (salvo Carabinieri, Finanzieri, ecc) c’era una sola condizione: essere socialisti.
Quei soldi, che sono stati pagati da generazioni di lavoratori, ai lavoratori dovrebbero tornare sotto forma di contributi a fondo perduto per ristrutturare le abitazioni ed attuare il risparmio energetico. Altro che “esco”: qui – a forza d’immaginarvele dal Web – ci fate veramente “uscire”. Ma di testa.
Uscite voi dalla JPG, MV5S: osservate il mondo, per favore.

Ma, la chicca, riguarda la generazione d’energia. Qui, mi sa che per qualcuno non basta nemmeno più lo “strizza”: meglio passare direttamente dall’elettrauto.
Leggo:

Per accrescere l’offerta di energia elettrica non è necessario costruire nuove centrali, di nessun tipo.

Qual è il segreto dell’alchimia? Portare il rendimento delle centrali termiche dell’ENEL dall’attuale 38% al 55-60%, mediante la co-generazione. Oppure, usare il vapore esausto per il teleriscaldamento.
Tutto OK, se non ci fossero un paio di “cosucce” che il MV5S non spiega:

1) Le centrali termoelettriche dell’ENEL non sorgono nei pressi delle città perché, se gli inceneritori sono dei cancro-generatori, le centrali a petrolio od a carbone sono dei cancro-generatori al quadrato. Cercare e verificare i dati riguardanti l’incidenza dei tumori nel Comune di Vado Ligure, “rallegrato” da decenni da una centrale ENEL. Vogliamo costruirle vicino alle metropoli? Altrimenti, la distanza vanifica lo sforzo: come chi vive nel mondo reale ben sa, non si può trasportare l’acqua calda per decine di chilometri, altrimenti si fa la doccia fredda.
2) Quanto costerebbe ristrutturare tutto l’apparato termoelettrico italiano, volendo sfruttare solo la co-generazione? Difficile dirlo: basta riflettere che la ristrutturazione della centrale di Civitavecchia Nord, da petrolio a carbone “pulito”, è costata 2 miliardi di euro![5]. Non è mica come aggiungere un radiatore in casa: sono costi astronomici! Ne vale la pena?
3) Tutto questo affanno per il settore termoelettrico, non prende in considerazione che è solo rottame, come il nucleare, poiché è tecnologia che andrà al macero fra pochi decenni! Oppure credete anche voi alla bufala del petrolio inorganico? Se qualcuno mi dimostra (parole, fatti, tesi…non collegamenti al solito prof) come ci possa essere del colesterolo nel petrolio “inorganico”, mi bevo un gallone di greggio. Per mandar giù la carta.

In tutto il programma del MV5S sull’energia, non c’è una sola parola sul solare (termico, termodinamico, fotovoltaico) e sull’eolico. Guarda a caso, le principali fonti alle quali potremo attingere nei decenni a venire. Una svista?
A dire il vero, qualcosa c’è, ma è genericamente tratteggiato:

Estensione della possibilità di riversare in rete e di vendere l’energia elettrica anche agli impianti di micro-cogenerazione di taglia inferiore ai 20 kW.

Qui, bisogna chiarire che la rete di distribuzione elettrica non è, attualmente, un sistema peer-to-peer, poiché fu strutturata in anni lontani nel concetto centro-periferia. Recentemente, l’UE ha iniziato a concedere fondi per la ristrutturazione della rete, per fare in modo che siano fruibili i “conti-energia”.
Il problema che si trova ad affrontare il gestore della rete, è quello d’immettere sufficiente energia rispetto al consumo (altrimenti, black-out a catena) ma di non “largheggiare”, altrimenti l’energia in surplus andrebbe sprecata e potrebbe addirittura causare dei danni. Per questa ragione, se la rete non è calibrata per ricevere milioni di conti-energia, il sistema va in tilt.
Un esempio “di scuola”, di fallimento nella gestione della rete elettrica, fu la privatizzazione della rete californiana, che provocò mesi di black-out a catena, poiché i privati – volendo o dovendo guadagnare – immettevano surplus d’energia troppo modesti. Al primo aumento improvviso della richiesta, black-out.
Gli unici “polmoni” a disposizione per sopperire agli sbalzi sono il pompaggio dell’energia in quota, nei bacini idroelettrici, quando c’è un surplus (tipicamente, la notte) e l’accensione delle turbine a gas per sopperire ai “picchi”. Entrambe queste vie hanno delle controindicazioni: non sono molti i bacini idroelettrici attrezzati in tal senso, e ci sono ovvie perdite d’energia. Nel secondo caso, le turbine a gas non hanno eccelse potenze.
Dalla gente di Grillo, qualche parola sull’Idrogeno come realistico “polmone” per armonizzare gli sbalzi della rete, me lo sarei atteso: invece, nisba.
Ma andiamo avanti, c’è sempre una nuova “perla”:

Incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica estendendo a tutte le fonti rinnovabili e alla micro-cogenerazione diffusa la normativa del conto energia, vincolandola ai kW riversati in rete nelle ore di punta ed escludendo i chilowattora prodotti nelle ore vuote.

Qui, bisogna giungere all’esegesi, perché dobbiamo interpretare cosa siano queste “ore vuote”: chi ha scritto queste cose non sa che esiste la Borsa Elettrica, altrimenti non le avrebbe scritte. Altrimenti: che regalo all’ENEL!
La Borsa Elettrica funziona come qualsiasi mercato: il prezzo è determinato dall’incrocio fra la domanda e l’offerta. Il KWh prodotto a mezzogiorno e venduto all’ENEL, potrà fruttare 12 euro/cent, mentre lo stesso KWh prodotto alle tre di notte vi renderà solo 3 euro/cent. Poi, sono cavoli dell’ENEL e vostri.
Oppure, il MV5S desidera pianificare l’economia in modo socialista? Se è così lo dicano chiaramente, non è mica una bestemmia.

La compensazione fra l’offerta diurna e notturna è uno dei più gravi problemi della gestione elettrica: le centrali termoelettriche sono sistemi che hanno un’immensa inerzia. Si può comprendere il fenomeno con una paragone che tutti conosciamo: arrestare un motorino, richiede poca energia e tempo. Arrestare un treno, richiederà senz’altro più energia e più tempo, e così via.
Immaginiamo qual è l’inerzia di un sistema complesso come una centrale termoelettrica: caldaie che scaldano il vapore a centinaia di gradi centigradi, turbine che devono essere mantenute “in temperatura” pena gravi rotture, ecc.
Nel solo volgere della notte – quando la richiesta cala – non è possibile ridurre di conseguenza la produzione: si cerca d’utilizzare il surplus d’energia mediante l’invio d’acqua nei bacini in quota, ma spesso non basta. Presto arriverà la tariffa differenziata diurna/notturna – per incentivare l’uso degli elettrodomestici come lavatrici e lavastoviglie la notte – ma quel “presto” è già carico di decenni di ritardo.
Il problema del rapporto produzione/consumo in chiave temporale – che spesso viene rigettato sulle rinnovabili – è in primis un problema del termoelettrico: per questo mi sarei atteso, da un programma energetico che voleva essere innovativo, la trattazione dell’Idrogeno, l’unico vettore energetico attualmente usufruibile.

Ma, di là delle imprecisioni e delle omissioni, quel che manca in quel piano energetico è l’esposizione dei concetti generali di un “piano”: analisi del problema, possibili soluzioni, piano energetico con relativa analisi dei costi e dei benefici, inevitabili problemi, tempi d’attuazione, costi e relative fonti di finanziamento, impatto sociale ed ambientale.
Non si creda che una cosa del genere debba per forza essere la Treccani: il programma energetico dell’Ulivo nel 2006 lo era proprio perché era slegato e contraddittorio mentre, se si hanno le idee chiare, poca carta ci vuole.

Per prima cosa dobbiamo smetterla di ritenere il risparmio energetico la panacea per tutti i mali: è ovvio che, nel volgere di pochi anni, sostituiremo le lampadine a filamento con quelle a Led, avremo tutti elettrodomestici di classe A+, eccetera, eccetera.
Possiamo attenderci da questi cambiamenti di fermare, almeno, la corsa dei consumi ma per risolvere il problema è su altro che dovremmo ragionare, ossia sulle rinnovabili e sulla gestione del trasporto.

Solo per dare una brevissima “occhiata” al problema, riflettiamo che il 30% circa dell’energia fossile è assorbita dai trasporti: cielo, mare e terra. Se in Italia consumiamo 200 MTEP d’energia, circa 60 MTEP vanno ai trasporti, con il trasporto gommato che fa la parte del leone. Una consistente parte di questa energia (da un terzo ad un quarto) va semplicemente sprecata nelle soste a motore acceso: code, semafori, ecc.
Alla fine, scopriamo che bruciamo parecchie MTEP (5?, 10?) perché gli attuali mezzi non sono più adatti al traffico congestionato delle città: o chiuderle al traffico, oppure utilizzare auto elettriche con alimentazione ad idrogeno. Un’auto elettrica, ferma, non consuma nulla.
Per renderci conto della dimensione del problema, riflettiamo che già il Ministro dell’Ambiente Matteoli – due legislature or sono – stimò in 5 MTEP il risparmio energetico che si sarebbe ottenuto dalla completa conversione al solare degli impianti per l’acqua calda sanitaria. Quante lampadine a led dovremmo installare?
E’ giusto perseguire il risparmio energetico, ma non svenderlo su piazza per scopi di bottega.

Tanto per capire dove giunge l’abominio di far credere che il risparmio energetico tutto risolverà, ricordiamo cosa fece Pecoraro Scanio quand’era Ministro: l’unica “via” che lasciò aperta – oltre all’ovvio risparmio energetico, condito in tutte le salse e propalato ai quattro venti come il Vangelo – fu il fotovoltaico, ben sapendo che non è, attualmente, una fonte che possa fornire elevati quantitativi d’energia a costi accettabili.
Si guardò sempre bene dal nominare l’eolico, per non giungere allo scontro (i voti!) con la potente lobby di Italia Nostra, capitanata da Carlo Ripa di Meana, ex socialista, come Scaroni (ENI). La quale, stava conducendo – in tandem con Vittorio Sgarbi – la sua virulenta campagna “estetica” contro gli aerogeneratori: i quali, chiariamo, non vanno certo installati a fianco dell’antica abbazia romanica, ma sul colle opposto non rovinano il sonno a nessuno.
Per pararsi il sederino, Pecoraro “richiamò” Rubbia dalla Spagna e balenò l’idea delle centrali termodinamiche: tutto finì in un tourbillon di vuote dichiarazioni e di carte bollate. Rubbia, sconfortato, tornò in Spagna e gli italiani – unico Paese europeo – gettarono nel cesso i Verdi.
Per cadere poi dalla padella nella brace, ossia per fare un anacronistico “passo avanti” con il nucleare che arriverà chissà quando (probabilmente mai, è solo l’ennesima bufala di Berlusconi): che sia la strategia del gambero?

Un serio piano energetico dovrebbe partire, per prima cosa, dall’analisi dell’esistente, ma in senso storico.
Storicamente, l’era del petrolio sta terminando. Quella del gas seguirà a ruota, mentre quella del carbone potrebbe continuare, ma i costi d’estrazione – man mano che si scende – aumentano.
Colin Campbell[6] affermò che “giungeremo al momento nel quale impiegheremo due barili di petrolio d’energia per estrarne uno”.
Per l’Uranio, la stessa AIEA concede 40 anni a prezzi “nell’ordine” di quelli attuali – in realtà il costo dell’Uranio sale già oggi come un’iperbole – e “forse” altri 40, ma a prezzi decisamente maggiori: la ragione? Il sempre minor tenore d’Uranio nei minerali dai quali viene estratto[7]. Bisogna precisare che il costo dell’Uranio non fa la parte del leone nel costo del KWh elettro-nucleare, ma d’Uranio ce n’è veramente poco, e soltanto lo smantellamento degli arsenali nucleari degli anni ’50-60 (trattati SALT) consentì all’industria elettro-nucleare di sopravvivere. Insomma, non è una fonte sulla quale fare affidamento nei prossimi decenni.

Un serio politico, al quale venga presentato questo quadro, che fa?
Per prima cosa, domanda: ci sono altre fonti?
Gli scienziati risponderanno: sì, sono quelle naturali – magari anche la fusione fredda – ma abbiamo bisogno di parecchi anni per migliorare i sistemi di captazione. Alcune sono già oggi competitive – come l’eolico, il termodinamico e il solare termico – mentre altre (fotovoltaico, geotermico di nuova generazione, maree, pompe di calore, moto ondoso, eolico d’alta quota, ecc) richiedono ancora anni di studio e di sperimentazione per essere competitive.
Un politico intelligente, eviterà di porre l’annosa domanda “quando per questa? E per l’altra?” poiché le risposte che riceverebbe sarebbero soltanto lo specchio delle divisioni – e delle ambizioni – d’ogni Università e d’ogni centro di ricerca: finirebbe in un ginepraio.
Meglio fare affidamento su quanto è già utilizzabile e distribuire – con l’ottica dell’investimento a rischio – le risorse sulla ricerca per le altre fonti, dosando i soldi secondo i risultati via via ottenuti.

Su questa base, anche nel breve periodo, investire miliardi di euro per ristrutturare l’apparato termoelettrico è quasi gettare i soldi dalla finestra, giacché è troppo breve il lasso di tempo nel quale potrà essere utilizzato. Qualche centrale – laddove il teleriscaldamento sia attuabile – potrebbe essere ristrutturata, poiché in quel caso il rendimento raggiunge e supera l’80%, ma non andare oltre. Perché?
Poiché non è assolutamente detto che la fine del sistema petrolifero coincida con l’esaurimento delle fonti: prezzi troppo alti, generati dal restringersi dell’offerta, potrebbero far scemare l’interesse per i fossili molto prima, già nell’arco dei prossimi 10-20 anni. Osserviamo come sta già oggi crescendo il prezzo del greggio, seppur in tempi di stagnazione economica!
Se le fonti, oggi, realmente utilizzabili per produrre consistenti volumi d’energia sono l’eolico ed il termodinamico – ed arrestando la crescita dei consumi con nuove tecnologie di risparmio energetico (fra le quali comprendiamo, per comodità espositiva, il solare termico) – la buona politica sarebbe quella di sostituire man mano, con le rinnovabili, le centrali termoelettriche. Altro che ristrutturazioni.

Scapolato il primo scoglio, ne appare subito un secondo: piccolo o grande?
La sirena del “piccolo è bello” è gradevole da ascoltare, ma è soltanto una sirena poiché i costi di produzione del singolo KWh, man mano che si scende nelle dimensioni, parallelamente aumentano.
Un aerogeneratore da 3 MW costa 3 milioni di euro: un modello da 3 KW non costa, proporzionalmente, 3.000 euro ma più di 10.000[8]: questa è la realtà!
Inoltre, con il vostro mulino da 3 KW – piazzato a terra, presumiamo nei pressi della vostra abitazione, anche in aree ventose – difficilmente riuscirete a raggiungere le 1500 ore annue di produzione alla massima potenza (ossia, la convenienza dell’investimento). Lo stesso modello, sistemato in una gola ventosa, potrà giungere (forse) a 1.700, ma è l’altezza da terra che vi fregherà. Un grande aerogeneratore, nello stesso luogo ma con un palo di 75 metri, produrrà almeno per 2000 ore l’anno, in mare raggiungerà e supererà le 3000 ore annue. Già: ma in mare non potrete mai, da soli, andarlo a piazzare.

Se riflettiamo su questa tendenza a voler ridurre tutto a dimensioni “controllabili” – lo so che va per la maggiore e che stride con il comune sentire – scopriremo che, a monte, c’è la nostra incapacità di sentirci nazione, Stato.
Portare tutto alla dimensione del “piccolo” significa confessare l’incapacità di saper gestire – in modo genuinamente collettivo, e non come “appendice” di questa o quella casta – qualcosa che sia più grande di un pollaio: probabilmente, questa è la ragione che ha condotto gli estensori del piano energetico del MV5S a non menzionare grandi impianti.
Il che, però, è una falsa soluzione del problema, poiché i dati tecnici (difficoltà di gestire milioni di conti-energia) ed economici (alto investimento rispetto alla produzione d’energia) non sorreggono affatto questa tesi.

Si dirà che socialmente può rappresentare un passo avanti: sbagliato perché, se osserviamo il processo di polverizzazione sul territorio, ricalca in pieno il fenomeno che si produsse nei secoli “a cavallo” del fatidico 476 D. C., ossia quando una coesa organizzazione – l’Impero Romano – collassò in migliaia di minuscole realtà. Si dovette attendere mille anni per avere nuovamente una rete di trasporti ed un’organizzazione in qualche modo “statale”, seppur sotto dominazione straniera.

In definitiva, è accettabile un sistema di piccole realtà coese, ma solo in presenza del riconoscimento di una realtà unificante, ossia lo Stato. Altrimenti, si rischia la peggior faccia di una presunta anarchia.
Detto fuori dai denti, gli italiani sarebbero felici d’avere ciascuno il proprio pannello solare, il proprio aerogeneratore…come il proprio orto, ecc. Questo conduce, all’eccesso, a desiderare la “propria” ferrovia o strada, mentre in Europa gli Stati più coesi hanno sistemi collettivi di trasporto e per l’energia che funzionano.
In questo, purtroppo, la filosofia del piano del MV5S ricalca una sorta di populismo il quale – pur apparendo opposto a quello di Berlusconi – ne ricalca le basi: si sfruttano parole d’ordine facili da interiorizzare per le persone più superficiali, mentre nel confronto con la realtà non si osa osare, ossia si finisce per partorire il topolino della ristrutturazione termoelettrica. In quel piano, per dirla tutta, c’è poco Rifkin e tanto Scaroni: proprio la persona che lo stesso MV5S ritiene non ammissibile alla carica che occupa, perché condannato!
E, qualche sospetto, s’aggiunge quando dal blog del Beppe nazionale parte la famosa proposta dello “sciopero della benzina”, ossia non acquistare benzina dalla rete Exxon. Ma chi favorirebbe un tale, insensato “sciopero”, se non l’ENI?

Per chi ancora non crede a queste riflessioni, sottoponiamo la situazione che si è creata con le agevolazioni fiscali per il solare termico: ho seguito personalmente un paio di queste realizzazioni, e chi lo ha fatto non è proprio soddisfatto.
Il sistema funziona bene nell’Italia peninsulare ed insulare (insolazione, assenza di nebbie, ecc), mentre nella parte continentale si ha scarsa produzione in Inverno e forti surplus d’Estate.
In Estate, l’acqua del circuito primario viene tenuta in “stand-by” a 180°, poiché la produzione supera di gran lunga anche i più elevati consumi familiari: potrebbe, questo surplus, essere utilizzato per la produzione elettrica, ossia trasformare l’impianto in un ibrido termico/termodinamico?
Sì, a patto d’accoppiare all’impianto la “parte” termodinamica: turbina, generatore elettrico, condensatore per i vapori, sistema elettronico di controllo automatico dei flussi. Vale la pena?
Siccome la ristrutturazione del sistema sarebbe la stessa per impianti monofamiliari o condominiali, il costo unitario sarebbe troppo alto nel primo caso, più favorevole nel secondo. Se, poi, pensiamo a grandi impianti come alberghi ed ospedali, la convenienza sarebbe ancora maggiore.
Come potrete osservare, il vecchio “l’unione fa la forza” è ancor valido, anzi, validissimo: per contro, chi propaganda le soluzioni individuali, come pensa di far fronte all’assenza di vento o di sole? Con i conti-energia generalizzati ma, come già abbiamo avvertito, ci vorranno anni d’investimenti per riuscire ad avere una rete energetica peer-to-peer, che produrrebbe comunque meno per singolo MW installato in piccoli impianti.

La soluzione rimane sempre e soltanto politica: creare grandi impianti con una vera gestione collettiva, scorporandoli dal controllo dei grandi gruppi a capitale misto come ENEL ed ENI, e sottoposti al controllo di un’autorità di garanzia, a sua volta verificata per il suo operato dalla Magistratura. Sarebbe difficile sgarrare: sempre che ci sia completa separazione dei rispettivi ambiti e compiti.
Se crediamo che tutto ciò sia impossibile da realizzare, allora è lo Stato italiano stesso a non esser più credibile e le soluzioni sono soltanto due: rimanere per cambiarlo (ma fuori delle proposte delle attuali forze politiche) oppure emigrare. Tertium non datur. Per andare dove?

Le stime sulle potenzialità eoliche del territorio italiano variano in una “forbice” fra 5.000 e 10.000 MW di potenza installata: sul territorio italiano.
Avevo proposto, in precedenti articoli[9], la possibilità di trarre il 44% della richiesta elettrica nazionale da tre grandi “campi” eolici in mare, da situare nelle aree a maggiore ventosità, individuate dal CESI nel basso Adriatico, nel Canale di Sicilia e a sud della Sardegna.
Tre estese installazioni off-shore, nei tre punti precedentemente indicati, che utilizzassero piattaforme ancorate ad una distanza di 20 Km dalla costa (all’interno delle acque territoriali, ma con fondali intorno ai 100 m), consentirebbero d’installare circa 10.000 aerogeneratori da 5 MW di picco. Immaginiamo tre “corridoi” lunghi circa 200 Km ciascuno, (provvisti di canali per la navigazione ad intervalli regolari) larghi circa due chilometri: “immaginiamo”, perché da terra non si vedrebbe nulla.

A margine, notiamo che proprio in questi giorni sta venendo alla luce l’ennesima storia di corruzione e di tangenti che riguarda proprio l’eolico[10]: perché?
Poiché l’eolico è oggi una delle poche fonti che consenta consistenti utili a fronte dell’investimento impiegato: per questa ragione la Casta si sta “buttando a pesce” ad installare torri eoliche (e Sgarbi – avete notato? – non compare più per fare le sue “filippiche estetiche”!), giacché spera in un nuovo cespite di ricchezza per il solito ceto politico/affaristico pigliatutto. Fra l’altro, nell’inchiesta è saltato fuori ancora una volta il nome del “faccendiere” Flavio Carboni, che già era finito nell’inchiesta per la morte di Roberto Calvi[11]: sempre i soliti nomi, le stesse persone!
E’ dunque importante non trattare solo l’aspetto tecnico dell’energia, ma comprenderne a fondo le implicazioni sociali, altrimenti si finirebbe – come sempre – per arricchire pochi ed impoverire i più. Proprio l’opposto di quella che sarà la nostra proposta.

Siccome nelle tre aree indicate il CESI stima una produzione alla massima potenza per almeno 3000 ore/anno (in realtà, fra le 3.000 e le 4.000), s’otterrebbero ogni anno circa 150.000 GWh, che rappresentano il 44% circa del fabbisogno elettrico italiano (anno 2006). L’investimento richiesto sarebbe dell’ordine dei 50 miliardi di euro[12], da diluire in un decennio: come trovare i soldi? Lo vedremo dopo: un passo alla volta.
La costruzione di un simile apparato in un decennio, consentirebbe alla rete elettrica di compiere le trasformazioni necessarie, ossia aumentare “l’elasticità” del sistema: per questa ragione, oltre all’incremento dei bacini in quota utilizzabili come “polmone”, sarebbe necessario iniziare una seria sperimentazione sull’Idrogeno, sia come riserva energetica, sia per l’autotrazione, sperimentandolo su un modesto parco auto.

La principale critica che può essere portata a questa proposta riguarda l’incostanza della fornitura: è una critica sensata.
Per prima cosa, tre “campi” eolici così distanti difficilmente potrebbero avere identiche condizioni di vento il quale, in mare, soffia con maggior costanza che a terra: questo, qualunque velista lo sa. Solo in Estate – ampia omeotermia nel bacino del Mediterraneo – la produzione potrebbe essere più incostante, ma in Estate si raggiungerebbe il massimo della produzione termodinamica.
Le mappe eoliche redatte dal CESI confortano in tal senso, ma solo una sperimentazione sul campo potrebbe fornire elementi utili per “calibrare” il sistema: non dimentichiamo che, quella sperimentazione (ossia la metodologia), si trasformerebbe immediatamente in know-how spendibile e fruibile ovunque.

Per le centrali termodinamiche, varrebbe la pena di seguire l’esempio spagnolo: dopo aver sperimentato centrali da 10 MW, ne stanno costruendo da 50 MW, che iniziano ad essere significative nel panorama energetico spagnolo. La tendenza sembra quella di giungere a centrali di maggior potenza, 250-350 MW, peraltro già esistenti negli USA.
La miglior scelta sarebbe installare quei sistemi nell’entroterra dell’Africa del Nord (emissari tedeschi stanno esplorando questo scenario), giacché il rendimento sarebbe superiore di un buon 25%, ma qui intervengono problemi d’accordi internazionali di lungo periodo non facili da gestire.
Lo spazio per creare una decina (o più) di questi sistemi ci sarebbe comunque, in Italia, soprattutto dove ci siano terreni di scarso valore agricolo: Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia. Ricordiamo che il sistema termodinamico aumenta il rendimento al calare della latitudine.

Ci sono poi le fonti “dimenticate”.
L’idroelettrico italiano preferì, nel dopoguerra, puntare sugli impianti con forti cadute: era un’altra epoca, e si possono capire quelle scelte.
Furono completamente dimenticati l’idroelettrico con basse cadute e quello ad acqua fluente: un non recentissimo studio dell’ENEA (Tondi, 1999), censiva almeno 850 MW di potenza mini e micro idroelettrica (l’equivalente di una grande centrale termoelettrica) non sfruttati.
E’ bene ricordare che in quello studio furono conteggiate soltanto le cadute d’acqua prossime ai centri abitati, cosicché fosse possibile contenere i costi d’impianto e di trasporto dell’energia, ma ciò che si può ricavare dalle nostre cadute d’acqua – senza costruire dighe né fare ciclopiche colate di cemento – è parecchio di più (alcune fonti giungono a 3.500- 4.000 MW di potenza installata).
Gli impianti idroelettrici – anche di piccolissima taglia – sono facilmente fruibili in un quadro di conto-energia, giacché la potenza nominale è molto vicina a quella reale d’esercizio, visto che la maggior parte di quei flussi è costante. Le realizzazioni più grandi, invece (grandi laghi, ecc), presentano il vantaggio della regolazione dei flussi.

Come si può notare, il settore energetico è interdipendente con altri: il sistema idrogeologico e l’utilizzo dei fiumi per il trasporto fluviale.
Laddove s’interviene per mettere in sicurezza alvei ed argini dei corsi d’acqua, la possibilità d’inserire in quelle ristrutturazioni la possibilità di sfruttare le cadute d’acqua, contribuirebbe ad abbattere le spese d’investimento.
Il Lago Maggiore, per citare un solo esempio, ha una differenza di livello stagionale di circa due metri, senza giungere al livello di guardia[13]: una semplice chiusa che generasse una caduta d’acqua d’altezza modesta, quanto renderebbe, in termini energetici, con un flusso di milioni di metri cubi? E, ciò, contribuirebbe a contenere un’importantissima massa d’acqua, da utilizzare nella stagione estiva quando i flussi decrescono. Si potrebbe applicare la medesima prassi per altri laghi, piccoli e grandi.
Sulla sciagurata gestione del trasporto fluviale mi sono già espresso in precedenti articoli, e lo farò nuovamente in futuro perché ci sono novità: ricordiamo solo che i russi (certo, sono altri fiumi…) hanno una potenza installata di 50.000 MW sulle sole cadute d’acqua delle chiuse fluviali.

E veniamo alla parte economica.
Il concetto generale sul quale conviene ragionare è che il prezzo dell’elettricità prodotta con i fossili è passibile di sbalzi improvvisi, generati da fattori generali (diminuzione delle risorse, aumento dei costi d’estrazione) e locali (tassi di cambio, guerre, rivolgimenti geopolitici, cause naturali, ecc). I fattori di rischio, sulle rinnovabili, sono sensibilmente minori.
Il costo del singolo KWh, per impianti eolici di grande taglia, in mare, viene stimato intorno ai 3,5 euro/cent[14] (competitivo rispetto al termoelettrico, soprattutto considerando che il vento costerà sempre la stessa cifra, il petrolio non si sa), mentre Rubbia stimò il costo del KWh termodinamico in 10 euro/cent per le prime applicazioni, che sarebbe sceso a 6 col progredire della tecnologia e per grandi impianti[15]. Previsione rispettata negli impianti spagnoli: già, ma Rubbia è là e non in Italia.
Quanto costa un KWh elettrico al consumo?

Risposta difficilissima, giacché la bolletta elettrica è più incomprensibile del Trattato di Lisbona: sarà un caso? Comunque, eseguendo una semplice divisione, si ricava che s’aggira intorno ai 20 euro/cent: in quella differenza fra l’acquisto e la vendita, ci sono varie gabelle ed i ricavi della società.
A quanto acquista l’energia, l’ENEL?
Qui, i dati si discostano molto secondo gli anni presi in esame: se consideriamo gli anni dell’impennata petrolifera, prima della crisi del 2009, il costo medio d’acquisto s’aggirava intorno ai 10 euro/cent per KWh, mentre oggi (diminuzione della richiesta industriale) è sceso intorno ai 7. Nulla, però, è più instabile – come prezzi – di un sistema dove le quote d’energia sono finite, ossia con diminuzione costante nel tempo delle riserve ed infiniti “giochi” finanziari, a partire dai semplici rapporti di cambio fra le valute.

Sicché, un’estesa produzione eolica si troverebbe a produrre a 3,5 euro/cent per KWh, ed a vendere al doppio: un’enormità! Avete capito perché ci si buttano a pesce e ci ricamano pure un sistema di corruzione?
In un solo anno, la produzione eolica precedentemente ipotizzata (150.000 GWh) consentirebbe un ricavo di 5,25 miliardi di euro! Lo crediamo bene che gli “aedi estetici”, i quali blaterano contro l’eolico, trovino sempre porte aperte sulle reti nazionali! Non dimentichiamo che sarebbero soldi “strappati” al gran monopolio termoelettrico e nucleare, Scaroni e & soci. Quando, invece, c’è la prospettiva d’entrare nel “piatto ricco” dell’eolico, imbavagliano “l’aedo” come nel villaggio di Asterix: insomma, un cantore a comando.
Il termodinamico ha oggi costi superiori, ma ha un vantaggio: produce soprattutto nelle ore diurne – anche se il sistema d’accumulo consente una limitata autonomia notturna, ma in presenza d’altre fonti (eolico, idroelettrico, ecc) non sarebbe necessario – ed è quindi favorito dall’innalzamento della domanda diurna, che fa salire i prezzi d’acquisto alla Borsa Elettrica.
Partendo da questi incoraggianti dati, potremo stendere sia il piano di finanziamento, sia la destinazione degli utili. Non dimenticando che gli impianti rinnovabili iniziano a produrre il giorno dopo la loro installazione, non nel 2020 come le (im)probabili centrali di Berlusconi.

Con simili prospettive d’ammortamento degli impianti e di guadagno, sarebbe possibile immettere sul mercato un prestito obbligazionario molto avvincente, sicuramente più redditizio degli asfittici BOT e CCT e dei buoni postali. Almeno un 2% in più.
Siccome la gestione dell’energia dovrebbe, in primis, essere rivolta al sociale, i “tagli” delle singole obbligazioni dovrebbero essere bassi (250 euro, ad esempio) per fare in modo che non siano i soli grandi investitori ad avvantaggiarsene, ma anche i piccoli risparmiatori, la nonnina che mette da parte qualche soldo per il nipotino.

Infine, i guadagni della società confluirebbero in un fondo nel quale il 20% sarebbe destinato alla ricerca e l’80% alla separazione della previdenza dall’assistenza, ossia per il soccorso sociale: potrebbe diventare la “prima pietra” per un vero reddito di cittadinanza, al minimo un serio assegno di disoccupazione. Riflettiamo (solo per renderci conto degli ordini di grandezza, perché si dovrebbe prima pensare all’ammortamento) che, con 5 miliardi di euro, sarebbe possibile destinare ogni anno un reddito di cittadinanza di 300 euro mensili per quasi un milione e 500mila italiani! Il tutto, verificato ogni anno dalla Corte dei Conti, con pubblicazione dei bilanci ed analisi dettagliata degli stessi.
Questi sono gli interventi che cambiano la vita, non i pochi spiccioli d’aumento (quando, oramai, non sono “tagli”!) sugli stipendi e sulle pensioni! Difatti, in Germania – dove 400.000 persone lavorano nella nuova industria energetica e si punta sulla nuova economia, quella del risparmio e del riciclo – le condizioni di vita sono ben altre. E, si noti, con la prospettiva di spegnere le centrali nucleari man mano che giungeranno al termine della loro operatività: c’è già, nel piano energetico di Monaco di Baviera (oltre a Dusseldorf, Kassel, Augsburg e Freiburg), la completa autosufficienza (anche per le industrie!) per il 2025![16]

Se seguissimo una simile agenda, potremmo iniziare a chiudere (con gradualità) la metà delle attuali centrali termoelettriche già intorno al 2020: scusate se è poco. E senza costruire le fantomatiche centrali di Berlusconi, un azzardo che sembra più utile a riempire le tasche dei cementieri che altro!
Costruendo in Italia i sistemi – coinvolgendo marchi “storici” dell’industria nazionale, pubblici e privati (Fiat, Ansaldo, Italcantieri, Oto Melara, ecc) – l’Italia balzerebbe nelle prime posizioni per il know-how che ne deriverebbe. Centinaia di migliaia di posti di lavoro sicuri e ben retribuiti, la possibilità di tornare – com’era un tempo – la nazione che vinceva gare d’appalto all’estero e costruiva di tutto: dighe, ponti, strade, ecc.
In questo modo, si rimetterebbe in moto quel “circuito virtuoso” che vide, in anni lontani, le grandi industrie responsabili delle realizzazioni (e della ricerca) e le piccole e medie imprese nella veste di sub-contraenti. Il sistema, fino agli anni ’70, funzionò benissimo.

Come potrete notare, mancano all’appello le biomasse ed i trasporti: mi riprometto di tornarci con articoli ad hoc, per non appesantire la trattazione. Non ho scritto centinaia di cartelle e, se ci riferiamo al solo piano energetico, è abbastanza circostanziato e sta in 5 cartelle: è un piano criticabile e migliorabile, ma è coerente senza essere una sterile sequenza di buoni propositi.

Se fossimo dei malpensanti, potremmo concludere che il programma del MV5S sia stato scritto – a sei mani – da un rappresentante dell’ENEL, uno dell’ENI e da un terzo dell’Associazione Cementieri: così non è. Almeno, non abbiamo elementi per suffragare una simile, odiosa accusa.
Preferiamo credere che chi ha scritto quel programma pecchi d’inesperienza da un lato, e di scarsa lungimiranza dall’altro, come si può comprendere leggendo anche altre parti del programma, laddove per i trasporti si dedica gran spazio alle piste ciclabili (per carità, giustissimo) dimenticando che il grande problema italiano dei trasporti è legato alle merci.

Se questo è il “futuro” della politica italiana, possiamo ben credere che il MV5S non abbia intercettato più di un quinto (ad essere generosi!) dell’astensionismo consapevole. Usciti allo scoperto, però, da oggi in poi dovranno dialogare e rispondere alle critiche – e non si venga a dire che questa critica sia poco approfondita e non propositiva – che da più parti giungeranno. Compresa la lobby nucleare che già sta affilando le lame della sua disinformazione, anche sul Web.
Siccome so che parecchi gruppi legati a Grillo leggono i miei articoli, non rispondere significherebbe soltanto una cosa: quel programma fu veramente scritto a sei mani. E sapremmo anche da chi.

Comunicato
Domenica 30 Maggio 2010, alle ore 15, sarò presente presso il centro “Locomotiv” a Bologna – vicino alla stazione, dentro il parco del Dopolavoro Ferroviario, entrate da via Serlio 25/2 e via Stalingrado 12 – per un incontro organizzato dall’associazione Faremondo (http://www.faremondo.org/).
L’intento dell’associazione è quello di proporre “l’uscita” dal Web di quelli che si ritengono, oramai, “anticorpi” di questo dissennato vivere sociale. Per continuare anche sul Web, ma non solo.
L’incontro è stato genericamente intitolato “L'energia migliore: per quale tipo di società?” proprio per evidenziare come il problema energetico sia intimamente correlato con i modelli sociali. Ma, non necessariamente, si parlerà solo d’energia (meno che mai in senso strettamente tecnico): anzi, la comune decisione – mia e di Faremondo – è quella, più di “parlare”, di “far parlare”.
Riflettiamo che, a breve, ci troveremo ad affrontare la follia nucleare dell’imperatore, e questo in un quadro di sempre maggior precarietà del lavoro, dei diritti, delle nostre vite concepite soltanto come “risorse umane” da sfruttare o da gettare all’ammasso.
Prima o dopo, questo “treno” liberista – mal concepito, mal gestito, oramai senza guidatore, che in Italia si sostanzia in una manovra economica che prende ai poveri per dare, ancora una volta, ai ricchi – sarà prossimo a deragliare, ed i segni sono sotto i nostri occhi: sarebbe meglio essere preparati per tempo.
Il Web è utilissimo, ma da solo non basta: vi aspettiamo.

Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.

[1] Fonte: http://www.beppegrillo.it/iniziative/movimentocinquestelle/Programma-Movimento-5-Stelle.pdf
[2] Vedi: http://guide.supereva.it/risparmio_energetico/interventi/2003/03/131758.shtml
[3] Fonte: Friedrich Jörg, La Germania Bombardata, Mondatori, Milano, 2005.
[4] Vedi: http://www.youtube.com/watch?v=z5aXBtgJbTM&feature=related
[5] Fonte: http://www.lavoroinregola.it/midcom-serveattachmentguid-a3978f5e872e11deaf8e4d4b277bb7a1b7a1/studio_di_caso-la_centrale_enel_di_torrevaldaliga_nord.pdf
[6] Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Colin_Campbell_(geologo)
[7] Approfondimento: http://aspoitalia.blogspot.com/2009/09/le-risorse-di-uranio-cronaca-di-una.html
[8] Vedi: http://www.fabiobe.com/p/156/costo-generatori-eolici/
[9] Vedi: http://carlobertani.blogspot.com/2009/03/venti-nucleari.html
[10] Vedi: http://iltempo.ilsole24ore.com/politica/2010/05/19/1160589-tangenti_eolico_spuntano_sicilia_campania.shtml
[11] Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Flavio_Carboni
[12] Per l’eolico a terra, si stima un costo di un milione di euro per MW installato. In mare, il 25% in più: però, un così vasto progetto godrebbe d’importanti risparmi “di scala”. Tutti i calcoli sono al netto dei “Certificati verdi”.
[13] Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Lago_Maggiore
[14] Vedi: http://www.etstudio.it/mostrasezione.asp?idsezione=mercato%20impianti%20eolici
[15] Fonte: http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article65
[16] Vedi: http://www.ecoblog.it/post/8957/monaco-di-baviera-dal-2015-ci-sara-solo-energia-da-fonti-rinnovabili

20 maggio 2010

Un tris di brutte figure




Mentre il buon Tremonti assicura che non metterà le mani nelle tasche degli italiani – e dove li troverà 25 miliardi di euro? – bensì basterà qualche piccola “limatura” sugli stipendi degli “alti papaveri” ed altre facezie del genere, fervono i lavori parlamentari.
Finalmente, dopo mesi di litigi al calor rosso, riescono a mettersi d’accordo su qualcosa. Oh bene, direte voi. Mah, non lo so, giudicate da soli:

1) Bossi presenta il “federalismo demaniale” come la prima pietra del (suo) impianto “federale”[1].
2) Silvio Berlusconi presenta domanda per accrescere la sua proprietà a Villa Certosa, in Sardegna, con la costruzione di nuovi fabbricati[2].
3) L’IDV (Di Pietro, il “Masaniello dei valori”) approva insieme al PdL (!) il cosiddetto “federalismo demaniale” ed il PD, vergognosamente, si astiene[3].

Per comprendere le radici di questa vicenda dobbiamo partire da un punto assai distante, nel tempo e nello spazio, ossia dalle vicende “romano-padane” di questi giorni.
E’ il Febbraio del 2009 quando Renato Soru, in Sardegna, sfida apertamente la lobby trasversale del cemento sardo, ponendo come pietra fondante del suo programma elettorale la preservazione del patrimonio ambientale, boschivo e naturalistico dell’isola, per sottrarlo agli appetiti dei cementieri, dei loro committenti e della variegata pletora dei lacché.
Soru sa che si tratta di una sfida disperata, perché all’interno del suo partito una “robusta” corrente – numeri, soldi, appoggi, informazione – proviene dalla vecchia DC del malaffare edilizio, che non mollerà mai la presa.
Berlusconi sa di poter vincere facilmente e presenta come avversario il classico “signor nessuno” – Ugo Cappellacci – un quasi sconosciuto della politica, il figlio del suo commercialista di un tempo. E vince.
E’ lo stesso Cappellacci, oggi, a “stornare” fondi (soprattutto europei) destinati all’area depressa del Sulcis, l’antica zona mineraria sarda, per destinarli alla Coppa Louis Vuitton, regata velica per VIP che si svolgerà il 6 Giugno 2010 nelle acque della Maddalena. Approfittando proprio delle strutture costruite dal “giro” Bertolaso-Anemone & Co: un cerchio perfetto.
Le elezioni sarde del Febbraio 2009 sono dunque una prova generale, per comprendere se, all’interno del PD, sia possibile scardinare la compattezza (sic!) dell’apparato e porre sotto scacco chiunque s’opponga al dilagante potere delle confraternite del cemento associate. Offrendo, ovviamente, qualcosa in cambio.
La prova generale riesce, si passa quindi alla rappresentazione in tutti i teatri. Ma procediamo con ordine.

L’affermazione di Umberto Bossi di perseguire il “federalismo” è storicamente sbagliata, senza fondamento e pericolosa.
Nella Storia Contemporanea, non troviamo nessun esempio di nazione che, partendo da un’impostazione centrale (sia essa monarchica o repubblicana), abbia compiuto una transizione verso una forma di maggiori poteri periferici senza sfaldarsi.
Qualcuno potrà ritenersi soddisfatto dello sfaldamento dello Stato Unitario Italiano, ma non è questo ciò che vogliamo dibattere: non ritenendo la lingua un semplice esercizio per velleitari sofisti, preferiamo essere precisi e chiamare le cose con il loro nome. Anche perché, mai dimentichiamo che la forma è sostanza.

I percorsi federalisti sono tragitti d’aggregazione – come dimostrano la Storia degli Stati Uniti d’America e lo Zollverein tedesco (pressappoco contemporaneo all’Unificazione Italiana) – e giammai si sono visti stati unitari in transito verso “qualcosa” che non sia una semplice ripartizione amministrativa (come la Francia o le comunità autonome spagnole).
Riflettiamo che non esiste un precedente, un’esperienza, una prassi già perseguita da altri che possa mostrare un percorso del genere: è solo un “sogno” di Umberto Bossi, che si distanzia anche dalle primigenie ipotesi del sen. Miglio, il quale immaginava semplicemente un “Contro-Risorgimento”, ossia pressappoco il ritorno alle precedenti entità statuali.

Il caso dell’URSS/Russia non c’entra nulla perché già il regno zarista (viste le ciclopiche dimensioni) era suddiviso in ripartizioni amministrative: difatti, quando un nobile cadeva in disgrazia a Pietroburgo, veniva inviato a governare qualche lontana provincia siberiana.
Lo sfacelo dell’URSS produsse soltanto la separazione di quelle che già erano entità statuali prima della Rivoluzione Bolscevica o della Seconda Guerra Mondiale, mentre l’avvento di Putin nel 2000 concluse la deriva centrifuga, soprattutto perché le condizioni di vita delle popolazione migliorarono e finì la tragicomica era di Eltsin.

Nemmeno il caso della Cecoslovacchia regge, perché le due entità che si crearono dalla separazione erano territori con profonde differenze linguistiche, religiose, ecc che risalivano a tempi antecedenti all’Impero Asburgico.
Sulla Jugoslavia sono stati scritti fiumi di parole: ricordiamo soltanto che la terribile guerra del “tutti contro tutti” non si scatenò per la religione Ortodossa, Cattolica o l’Islam e nemmeno per chissà quale revanche anticomunista ma, semplicemente, perché il Fondo Monetario Internazionale pretese la ripartizione del debito jugoslavo fra le repubbliche (che, ricordiamo, già erano parti di uno stato federale). Quella fu la “benzina” che mosse le colonne corazzate verso Vukovar e Sarajevo.

Il disegno di Bossi parte, quindi, da basi storiche inesatte, fuorviate e spacciate per il sancta sanctorum, mentre sono soltanto un’accozzaglia di frasi fatte e di stupidaggini urlate.
L’avvento della Lega Nord al potere non ha cambiato di una virgola le condizioni di vita delle popolazioni, anche di quelle settentrionali che vorrebbe difendere, le quali – nell’ultimo decennio, che ha visto la Lega Nord quasi sempre al potere, giustificata dal ridicolo slogan del “partito di lotta e di governo” – sono decisamente peggiorate, salvo che per gli evasori fiscali, i lacché politici e tutto il pattume sociale che li sostiene.
La stupida convinzione, che una sorta di ripartizione (da Bossi detta) “federale” possa in qualche modo diventare la salvezza per tutti gli italiani (o una parte, cambia poco), è una falsità mostruosa, sul piano politico e giuridico.
Eh sì, perché la Costituzione Italiana prevede (fra l’altro), all’art. 119:

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minor capacità fiscale per abitante.

Ecco perché – a meno di una riforma costituzionale, per la quale Bossi sa benissimo che si romperebbe le ossa come nel 2006 – il cosiddetto “federalismo fiscale” non può diventare fonte di risparmi, bensì soltanto di moltiplicazione dei centri di spesa (come se, ancora, non bastasse l’apocalittico livello raggiunto!).
In definitiva, le cosiddette “regioni ricche” dovrebbero sempre concordare con lo stato centrale la ripartizione della ricchezza per il “fondo perequativo”, e questo avrebbe importantissimi risvolti sul piano elettorale, vista soprattutto la pochezza della Lega Nord.

Pochezza? Tutti affermano che la Lega Nord “avanza” ovunque. Ma dove?
Per non dover mediare con altre forze politiche (si veda, come esempio, la querelle con Fini e con Casini) una forza politica che si propone simili obiettivi od un’aperta secessione deve avere numeri “bulgari”.
Sarebbero affermazioni “bulgare” (per giungere ad una secessione!) il 10% su base nazionale, che si trasforma in un 20% circa nelle regioni settentrionali? Un vento di secessione che trascura così, en passant, che Venezia e Vicenza sono addirittura governate dal centro-sinistra?
Ma quale secessione!
L’intento dei caporioni della Lega Nord è soltanto quello di ricopiare fedelmente il modello romano: mettere le mani sulle banche, giungere ad una “pace armata” con il Vaticano e non disturbare troppo i manovratori europei. Difatti, Bossi è diventato un gran difensore dell’euro, “l’ultima moneta di scambio che abbiamo a disposizione”[4]. Un tempo proponeva di tornare alla Lira: Bossi scova un uovo fresco di giornata tutti i giorni, altrimenti si potrebbe osservare il nulla che c’è dietro al “partito di lotta e di governo”.

La seconda carta di questo maleodorante tris è un uomo squalificato, circondato da personaggi in odor di mafia – alcuni sotto processo proprio per simili imputazioni, più gli “stallieri” che vivevano sotto il suo stesso tetto – il quale ben sappiamo perché è stato chiamato a mediare fra lo pseudo-federalismo di Bossi, lo pseudo-statalismo di Fini e lo pseudo-cattolicesimo di Casini.
Giunse al potere come uomo di Craxi (chi erano i testimoni alle nozze fra Berlusconi e Veronica Lario?), per garantire che la tangentopoli – scatenata soprattutto per dare il via al colossale piano di dismissione dei beni pubblici, il “sacco” del Brittania & le “privatizzazioni” susseguenti, che “dimisero” beni per circa 160 miliardi di euro (dell’epoca!)[5] – continuasse sotto altre spoglie.

Oggi, c’è rimasto oramai ben poco da razziare a quell’80% circa d’italiani che non vive del grande malaffare, del connubio fra politica e tangenti, escort e festini a base di coca. E non lo dico io: lo afferma la Corte dei Conti[6].
Perciò, questa buffonata del cosiddetto “federalismo” demaniale, non è altro che una nuova puntata del sempiterno reality tangentopoli-privatizzazioni, poiché quei beni non passeranno dallo Stato ai Comuni, ma dagli amministratori governativi agli amministratori locali, che fanno parte della medesima greppia.
Inoltre, dobbiamo considerare che, anche vi fosse un amministratore onesto e capace, nessun comune che si vedesse “precipitare” addosso un castello o un monastero potrebbe mai – con gli attuali chiari di luna ed i continui “tagli” alla spesa – pensare di mantenerlo o ristrutturarlo. Dovrebbe giocoforza venderlo e, pronti a “riceverlo” come un dono natalizio, ci sarebbero i soliti noti che da anni spadroneggiano.

E, questo, fa cadere nella trappola chi crede nelle famose teorie del “male minore”: in fondo, se questi non ce la fanno, almeno i privati…
Costoro, dimenticano che il gran gioco finanziario che c’è alle spalle serve proprio a creare le condizioni affinché le ricchezze passino dalla mano pubblica a quelle dei privati: perché non iniziano a fare a meno, ogni anno, di 18 miliardi di “auto blu”? Con le quali osano addirittura partecipare alla Targa Florio? Brunetta, pronto? Avevi detto che stavi interssandotene: a che punto è “l’interessamento”?
Ah, grazie, ha risposto Tremonti[7]: “perde di significato” un intervento di razionalizzazione sulle auto blu, mentre “resistono” la riduzione delle finestre per le pensioni (in pratica, un anno di lavoro in più a ufo), più controlli per i falsi invalidi (in realtà, per i veri invalidi, giacché quelli falsi fanno parte della gran roulette del voto di scambio fin dai tempi della DC) e la “moratoria” dei contratti pubblici (niente contratti, ossia “taglio” dei salari del 2%, a dir poco, causato dall’inflazione).
Per onestà e dovere di cronaca, dobbiamo comunicare che sono anche “allo studio” provvedimenti per “tagliare” gli stipendi dei parlamentari. “Allo studio”: attendiamo fiduciosi, già sapendo che – qualora si materializzasse tale sciagura – avreste già nel cassetto il minuscolo emendamento per “calmierarla”.

Dobbiamo riconoscere che è tanto odiosa la rozzezza di Bossi quanto delicato il linguaggio di Tremonti – “perdono di significato”, “resistono”, una semplice “moratoria”, “allo studio” – mio Dio, Giulio, che charme…dove hai scovato cotanto ammiratore delle buone lettere per la tua sala stampa, hai forse rivisto “Il portaborse” di Nanni Moretti? Quanti Licei della capitale hai dovuto setacciare?

I 25 miliardi, oltre che dai tagli “camuffati” di cui sopra, arriveranno anche dagli Enti Locali, 2 miliardi in meno l’anno, i quali avranno di fronte la solita scelta: togliere servizi oppure aumentare la pressione fiscale periferica.
Questo spiega il silenzioso assenso del PD e quello vergognoso dell’IDV, che in coppia costituiscono la terza carta del tris: la cosa non mi stupisce affatto, giacché da tempo mettevo in guardia contro i falsi Masaniello come Antonio di Pietro e le beghine da sacrestia cattocomunista del PD. Resta da spiegare il voto contrario di Casini e di Rutelli: probabilmente, gli accordi dovranno essere “perfezionati” anche con il Vaticano. Perché il PD e l’IDV hanno accettato di “togliere le castagne dal fuoco” alla Lega Nord?

In fin dei conti, Di Pietro e Bersani controllano circa un terzo del Paese e riceveranno in dono un terzo del demanio: mica si possono lamentare.
Tutti insieme, appassionatamente, potranno dedicarsi al “nobile” sport d’incamerare risorse comuni con una semplice legge, “dismetterle” agguantando un sacco di soldi e partecipare al successivo e gustosissimo gioco del “cambia anche tu il piano regolatore”, ed acchiappare le relative prebende per ogni concessione edilizia. Che qualcuno, oramai solo qualche vecchietto demodè, s’ostina a chiamare tangenti.
In sintesi, terminato il grande “sacco” delle attività economiche pubbliche, inizia quello del territorio pubblico, preceduto – non a caso – dalla privatizzazione di un altro bene essenziale: l’acqua.

Noi, invece, per il futuro iniziamo a meditare di fare a meno di quei pochi fazzoletti di spiagge libere che ancora restano, mentre potremo sempre dilettarci a fare qualche frugale pic-nic ai bordi di un parco od area verde che prima potevamo utilizzare. Potremo insegnare ai nostri figli a leggere, utilizzando il grazioso cartello: “Proprietà privata: vietato l’accesso”.

Dulcis in fundo, queste cose le potremo raccontare ancora per poco, ossia fin quando non vareranno la nuova legge sulle intercettazioni, che contiene il requiem definitivo per l’informazione dei blog, con condanne di decine di migliaia di euro anche per chi “fomenta odio fra le classi sociali”.
Una bella ricopiatura – effettuata dal sen. D’Alia dell’UDC, che oggi “prende le distanze” dal suo parto: ah, ah, ah…riescono anche a suscitare l’ilarità! – di quello che fu il famoso “decreto Levi” di prodiana memoria: come si potrà notare, la maggioranza di governo dispone di così tanti schiavi nella cosiddetta opposizione da non doversi sporcare nemmeno le mani. Basterà un voto “bipartisan”: oggi m’oppongo io (vedi Casini) e domani tu (PD ed IDV), ma il risultato – per tutti – lo portiamo a casa ugualmente.

Siccome non sono così fesso da giocarmi la casa per scrivere senza la copertura di un giornale o di un direttore (anche se non si sa fino a che punto serva, vedi la vicenda di Paolo Barnard), qualora la legge approvata definitivamente contenesse le anticipate, salatissime “multe”[8] – a “colpi” di 12.500 euro per mancata rettifica in 24 ore! – smetterò semplicemente di scrivere, dedicandomi al giardinaggio ed alla nautica.
Può sembrare vigliaccheria, ma è la semplicissima conclusione alla quale può giungere chi scrive liberamente perché non ha apparati che lo proteggano alle spalle: sappiamo benissimo che quelle regole non sono state scritte per i grandi giornali – quelli, hanno mezzi per difendersi – ma quasi soltanto per l’universo dei blog, l’informazione in “presa diretta” che tanto spaventa la casta politica.

Vorrei mettere in primo piano che nessuno sarà immune dalla falce che stanno preparando – s’aspettano tempi duri e serrano le fila, non potranno permettersi voci “dissonanti”, i 25 miliardi Tremonti li dovrà trovare fuori delle favole che racconta, il flusso di tangenti alla casta non può arrestarsi, pena il suo decadimento – perciò le scelte che avremo di fronte saranno soltanto due: morire uno per volta o tutti insieme.
Sarei per la seconda opzione, lasciando tutti i nostri siti e blog vuoti con una breve scritta in più lingue la quale, sostanzialmente, ricalcasse il concetto “Oggi è morto il Web culturale e d’informazione italiano, grazie ad una legge ufficiale dello Stato italiano: arrivederci a tempi migliori”. Almeno, lasciando una polpetta avvelenata di fronte al mondo: non intravedo altre scelte, a meno di poter emigrare ed uscire dalla giurisdizione italiana.

A volte, mi chiedo come sia stato possibile scendere così in basso, in un tal stato di mercimonio fra pattumiere politiche: quando gli italiani smetteranno di difendere le “radici” italiane dell’Argentina, ed impareranno ad essere un poco argentini?

Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.



[1] Vedi: http://unita.it/news/italia/98850/bossi_federalismo_sono_molto_preoccupato
[2] Vedi: http://lanuovasardegna.gelocal.it/dettaglio/villa-certosa-berlusconi-presenta-alla-regione-una-richiesta-di-ampliamento/2015522%20?ref=HREC1-7
[3] Vedi: http://www.repubblica.it/politica/2010/05/19/news/di_pietro-calderoli_assieme_sul_federalismo_l_idv_voter_s_a_quello_demaniale-4182099/?ref=HREC1-2
[4] Vedi: http://www.asca.it/news-EURO__BOSSI__NON_POSSIAMO_PERDERLO__E__ULTIMA_MONETA_SCAMBIO-916909-ORA-.html
[5] Vedi: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6821
[6] vedi: http://www.agi.it/economia/notizie/201005191445-eco-rt10180-manovra_corte_conti_su_spesa_gia_raschiato_fondo_barile
[7] Fonte: http://www.repubblica.it/economia/2010/05/19/news/anticipazioni_manovra-4198988/?ref=HREC1-4
[8] Vedi: http://www.repubblica.it/rubriche/la-legge-bavaglio/2010/05/12/news/censura_internet-4024364/